Composizione

Era fiducioso. Viaggiavo sulla jeep del colonnello. Le forze speciali americani era dietro, un camion con una ventina di filippini avanti. Accadde tutto molto in fretta. Qualcuno gli aveva sparato a bruciapelo un colpo alla tempia destra con una. Era un uomo con dei segreti: aveva, ancora sulle spalle, uno zainetto blu, serrato da un lucchetto.

Era dunque stata una semplice esecuzione. Si era unito ai milioni di cadaveri senza nome e senza gloria di tutte le guerre. E invece nel resto dell Italia? Ma lo sanno Angelo,Zucchina ,Francesca, che dovranno rispondere in tribunale per quello che hanno scritto in questi post, e se il giudice riconoscerà' un risarcimento per ingiurie, lo daremo in Il Sulcis, le miniere chiuse, le acciaierie in disuso, la costa deturpata, diecimila posti di lavoro perduti, il disagio apocalittico di una popolazione che contempla la fine del carbone, la fine della fabbrica, e di riflesso la propria obsolescenza in un mondo mutato.

Nel Sulcis, ci sono villaggi di epoca fascista, con la piazza e il porticato, che mi hanno ricordato centri avviliti del Nord Africa, con la gioventù inerte che a mezzogiorno gioca a carte, gli occhi sconfitti, le spalle piegate. E in questa depressione, negozi chiusi, coppie allo sfascio, gente che dorme alla stazione, anziani che vivono dentro vecchie auto, Luciano La Mantia ha aperto i microfoni della sua Radio.

Non è fantastico come a volte basti un piccolo gesto, per mettere in moto il meglio della condizione umana? La prima a telefonare è una madre che vuole farla finita; con sei figli a carico, non riesce a pagare la bolletta, e brancola a lume di candela. Ma sono sempre gli ultimi i più generosi, e alle telefonate disperate seguono quelle di chi ha udito e ha capito e si fa avanti per dare una mano. Questa stamattina ho ricevuto una telefonata da La Mantia. Era contento. Aveva chiesto aiuto per pagare una bolletta di euro.

Louai Barakat è un fotografo di Aleppo, ha 24 anni, peserà 40 chili, ha la barbetta e un sorriso timido e una maglia a strisce e al polso il braccialetto di gomma nero bianco e verde della Siria libera. Lo incontro a Gaziantep, in Turchia; è riuscito in maniera spericolata a portare in salvo la famiglia, filmando il tragitto, la fuga sulla Strada Castello, la strada della morte.

Gli chiedo di raccontarmi la vita, dentro. E capisco la sua urgenza, e il suo sgomento, e la sua rabbia, capisco cosa mi sta chiedendo. Mi chiede conto della nostra indifferenza, come hanno fatto tutti quelli con cui ho parlato, tutti quelli che mi hanno consegnato il loro urlo, nel silenzio. Di solito, ci avvisano, ci dicono tutti nelle cantine. Sappiamo quando sta per arrivare un elicottero o un caccia. Per questo adesso usano missili che sono valanghe. Per ammazzarci nei rifugi. Abbiamo un sistema di allarme manuale, una manovella collegata a una sirena e quando la gente la sente corre sotto terra, solo che ora sotto terra ci resta, i morti sono troppi, e i volontari non ce la fanno.

Siamo vicino al confine e prende. La benzina è un problema enorme.

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Quando le cose finiscono attacchiamo le scorte. A distribuire gratis i semi sono gli attivisti dei Consigli Rivoluzionari ma ne hanno ancora per tre mesi e poi finiscono. Quando sono partito, ho lasciato in dispensa 5 chili di riso, 5 chili di burghul, 5 chili di lenticchie. Ieri mi ha scritto un amico affamato, gli ho detto vai a casa sfascia la porta e prendi le mie scorte.

Una bombola a gas costa dollari. La gente brucia la mobilia delle case bombardate per cuocere il riso.


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Ce ne sono due in ogni quartiere. Dentro ci sono gli orfani e le vedove e i poveri dei poveri, quelli che prima erano poveri e ora non hanno niente. Dentro ci sono i feriti, i mutilati, i ciechi, i vecchi, i deboli. Io ero via a fare foto, ho sentito le notizie mi sono precipitato a casa.

Erano bombe al cloro. Abbiamo trovato materiale giallo dentro i cannoni. La gente è allo stremo. Cadrà come Homs, come Daraya, come Madaya. Non ce la faremo a resistere per più di tre mesi. Le foto in questo post sono di Louai Barakat. Le foto di Louai accompagnano il mio reportage su Aleppo in edicola da oggi su Vanity Fair.

Ogni volta è una finestra che si apre nella testa e nel cuore. Grazie per la tua scrittura, grazie per raccontarci queste storie mai banali. Un pomeriggio di sole infuocato, ho attraversato una bassa vegetazione tropicale, ruscelletti e palme nane, diretta allo stagno delle pietre sacre. Il mio obiettivo, in realtà, era Juleha, una delle ultime sacerdotesse Bissu a sinistra nella foto di Marcello Bonfanti.

Il loro custode, un anziano signore allampanato, ne parla come fossero esseri umani. Le pietre si arrabbiano se qualcuno le tocca e torcono il collo a chi lo fa.

Le Bissu sono antiche quanto il loro popolo Bugis; i Bugis sono quanto di più interessante, antropologicamente, ho avuto la ventura di esplorare. E dunque ci sono Paesi islamici, su questa terra, in cui i diversi convivono senza troppi traumi; in cui un uomo che si sente donna non è spinto da un tetto al sesto piano, in esecuzioni pubbliche che mentre scrivo ancora accadono nelle terre dello Stato Islamico.

Eros Ramazzotti - Sei Un Pensiero Speciale

Si chiamava Mepham Jamstsho e aveva la testa rapata ed era molto umano. A questo punto mi raccontava la storia dei quattro amici, una parabola diffusa in Oriente, disegnata a colori vivaci sugli antichi muri dei conventi. Il Bhutan è pieno di falli. Ci ha insegnato a liberarci dai preconcetti. Non si capisce altrimenti Siriani sui marciapiedi, bambini agli incroci, mendicanti sui gradini delle botteghe. Mamme sedute per terra, i piccoli in grembo, che ti guardano mute. Un pomeriggio, stavo attraversando la via principale di Verdun, quando ho visto un vecchino canuto aggrapparsi a un albero.

Ho comprato una delle sue profumate collane di gardenia.

Edizioni locali

Prendevano il sole in costume, giocavano a carte e pregavano. Erano siriani pure loro. Ho pensato, per un attimo, meno male. Se non fossero qui sarebbero dentro, a farsi male.

Hedy Lamarr - Wikipedia

Se non fossero qui sarebbero in guerra, fatti di Captagon. Delle pillole della guerra ho molto sentito parlare: sbucavano dalle tasche dei combattenti catturati, vivi o morti, più morti che vivi, sui diversi fronti del Medio Oriente. I giornali francesi hanno scritto che erano fatti di Captagon — amfetamina — anche gli uomini del commando che ha attaccato Parigi il 13 novembre.

Non è certo una novità, questa faccenda della droga al fronte.