In un tempo e un luogo non precisati, all'improvviso l'intera popolazione diventa cieca per un'inspiegabile epidemia. Chi è colpito da questo male si trova come avvolto in una nube lattiginosa e non ci vede più. Le reazioni psicologiche degli anonimi protagonisti sono devastanti, con un'esplosione di terrore e violenza, e gli effetti di questa misteriosa patologia sulla convivenza sociale risulteranno drammatici. I primi colpiti dal male vengono infatti rinchiusi in un ex manicomio per la paura del contagio e l'insensibilità altrui, e qui si manifesta tutto l'orrore di cui l'uomo sa essere capace.
Nel suo racconto fantastico, Saramago disegna la grande metafora di un'umanità bestiale e feroce, incapace di vedere e distinguere le cose su una base di razionalità, artefice di abbrutimento, violenza, degradazione. Educare per lasciare lo spazio a chi verrà dopo, questo il senso delle ultime parole e infine, il senso della vita. Eravamo in principio una ventina, perché eravamo quattro compagnie per battaglione, venti per compagnia, ma quando si è incominciato a parlar di guerra siamo arrivati a per compagnia.
E in tempo di pace avevamo quattro mitraglie per compagnia, e in tempo di guerra dodici. Addestramenti sulla mitraglia i primi tre mesi, istruzioni pratiche e dopo tiri una volta la settimana in campo di tiro… e montare e smontare il pezzo a occhi chiusi e chi ci riusciva in un primo tempo prendeva la licenza, poi dopo che siamo partiti basta.
Invece con gli altri ufficiali si poteva ragionare. Il marzo in piazza a Pradamano ci preparano a partire, tutti seduti sullo zaino in attesa della partenza: per 4, eravamo, coprivamo tutta la piazza e dovevano arrivarne altri, ma non arrivarono e allora dopo due giorni ordine di partire per la Jugoslavia! Noi stavamo sul Posterno, da dove dominavi su tutta la Jugoslavia e avevamo i camminamenti sotto la neve, per fare le basi per sparare con le mitraglie usavamo un poca di acqua sopra la neve e poi pressavamo bene con il calcio del fucile fino a che non era dura e quanta fredo!!!
Dunque dodici per quattro mitraglie, tutte che sparavano! Quella è stata la data più terribile della mia vita! Disfatto tutto, non so quanti morti, giusto sopra la mia mitraglia! Dopo non abbiamo più sparato, perché siamo andati dentro e si aveva ordini di usare arma bianca, fucile con la baionetta, si doveva passare tutte le case, tutti avevano il suo compito e dopo un certo punto, abbiamo camminato sulle montagne a piedi fin a Lubiana.
Io non ce la facevo più a portare la mitraglia, e gli ho detto al tenente che mi facevano male ai piedi. Vuole lei farmi da attendente? Una bella notte, sono venuti gli Slavi e ci hanno circondato tutti; hanno saccheggiato, e tutto quello che hanno potuto trovare lo hanno portato via. Guerra finita?
Ma quanta fatica e quante divisioni…. Tremenda anche perché dopo sono venuti in cerca, qua successe peggio ancora! Dopo pochi giorni che ero casa, uno che abitava qua vicino mi chiama se andavo ad aiutarlo a uccidere il maiale, perché lui non era in grado da solo, ce ne voleva più di uno.
Grazie per averci inviato la tua notizia
Sono passati i Tedeschi e hanno visto la testa, sono venuti dentro e hanno chiesto i documenti e il macellaio era vecchio e non era sulla data di leva, io ero dentro invece, come disertore di guerra! Dunque, mi portano in caserma, e là di giorno mi portavano a lavorare sulla Piave a fare i bunker, anche se eravamo tante squadre e ognuno aveva i suoi compiti conforme alle capacità… taiar legne, caricar e scaricar cari e di notte dormivo in caserma.
E io non son dato fuori neanche un giorno! In montagna non ci vado mai più!
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Avevamo la pistola, non il fucile, ma per difesa, io non ho mai sparato un colpo dalla pistola. Quella della colonna invece… quante volte anche su un giorno mi viene in mente, quante!
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Sparar diciotto colpi era neanche mezzo minuto! Non ci dicevano di fermarsi e si continuava a sparare! Trovavamo donne e bambini, non dovevamo toccare una donna, se uno lo faceva veniva fucilato! Non eravamo trattati male, ci davano anche da mangiare le donne, purché non si facesse del male e durante la notte noi non si andava per le case, era pericolo, ma di notte si sentiva sparare più che di giorno e io non ho mai visto una compagnia di Slavi.
Di giorno non li vedevi mai, erano tutti dentro nelle grotte, con le porte camuffate, negli alberi e di notte venivano fuori e sparavano a destra e sinistra. E prima di andare in guerra ho fatto quattro mesi in fureria. Trovavi torrenti, oppure case che non conosci, poteva essere qualcuno che ti aspetta e allora cambia strada. Ci abbiamo impiegato otto giorni a venir casa da Verona, e dormire sotto gli alberi, sulle foglie, in quattro!
Che sciabolata per me vedere quanta stima portasse la gente per lui e non essere riuscito a conservare nulla di lui… quello che mi resta è solo materia, non ho più la sua voce, il suo spirito a tenermi compagnia la sera quando giocavamo al zogoeon… tutte le sere, e figurati se mi lasciava vincere, macchè! Eravamo quattro più genitori, due maschi e due femmine.
Deo grazia se era razionato! Parlo sempre degli anni trenta-quaranta, e anca dopo.
Ho fatto le scuole a Roncadelle con la maestra Pullini. Facevamo anche turni di notte, si andava via a gruppetti da tre e ho trovato ancora sotto le rotaie bei pezzi di dinamite che se passava il treno! Congelati con quel freddo che era là! E allora volevo andar via! Ti faccio un biglietto e vai a reclamare e ti danno il doppio di quello che è stato preso! Quant da rider! Non so che ufficiali che avevamo: hanno buttato perfino lo zucchero dentro la benzina per bloccare i motori, perché le macchine si fermassero e lasciarci a piedi, in modo che ci prendessero!
Questi camion arrivavano, con tanto di nome destinati al Reggimento tot. Altrimenti la guerra sarebbe stata vinta, perché il soldato era portato per vincere la guerra, ma i comandanti italiani no! I Tedeschi invece erano diversi, perché erano più resistenti. Comunque tanta povertà sia in Jugoslavia che in Africa, vivevano di pastorizia, la gente era anche accogliente i primi tempi, poi non voleva più vederci. Vestiti di panno con quel caldo che era là, perché ad aprile è come da noi fosse luglio e anche molto più caldo.
Appena arriviamo comincio a togliermi la giacchetta, un altro la camicia e il Capitano che urlava come un matto che non era decente! Ero talmente contento che dal freddo che avevo là, al caldo, sopportavo che non sentivo niente, stavo un ben di Dio! Sera va ben, dopo i turni dentro sulle navi, caricar scaricar, quel che era da far, parchè rivea de tut!
Comunque è sparita Tobruk con una nave del genere che è esplosa! Vestiti da coloniali, in braghe corte, camicia e casco di sughero per il pericolo delle insolazioni, quello di ferro solo per i bombardamenti e ancora nonostante quello un volta sono andato quasi in coma per un colpo di sole! Fino a fine guerra là e dopo prigioniero degli Americani, senza contatti coi borghesi, anche se erano quasi tutti Italiani, ma gli Arabi non avevano simpatia per gli Italiani. Ero a Tripoli, poi Bengasi, che era una città grande anche quella, poi Golfo della Sirte, che è dove ha la fortezze atomiche Gheddafi, che a quei tempi erano le fortezze nostre, dove era il Generale famoso Rommel, la volpe del deserto!
Dopo siamo andati giù oltre Barce e dopo è cominciata questa ritirata e siamo tornati indietro. Trovavi tanta roba abbandonata, soprattutto scatolame, per scappare buttavano via tutto! In ritirata quando ci hanno preso tra Tedeschi e Italiani eravamo Sono stato poco a Casablanca e non è che potevi uscire perché eravamo messi in un recinto che era come Roncadelle quasi, con le strade, illuminazione, jeep destra e sinistra, con le guardie che controllavano coi mitra, capannoni enormi per i prigionieri, coi Marocchini non potevi avere contatti.
E dopo è successo che ogni giorno mandavano via persone, , dipendeva dalle navi che avevano insomma, e li mandavano su a Washington, negli Stati Uniti; non potevi rifiutare, ti toccava andare, anche perché dopo erano quelli che erano ancora fascisti e quelli li mettevano isolati da una parte.
(PDF) Anni di guerra e di fame. Storie di reduci, storie di vita | Simone Menegaldo - www.wondergene.bio
Comunque mi sono tirato indietro per andare in America, non volevo andar via lontano, di più di quello che ero da casa, poi là facevi vita da signore in confronto, avevamo anche roba per tagliarci la barba, non posso lagnarmi di loro, eravamo in albergo rispetto a quello che avevamo passato prima. Ci mandavano a lavorare, ho lavorato anche io in Marocco per loro, ci davano 80 centesimi al giorno, ma no che me li davano in contanti, li segnavano su una scheda; a fine guerra, dopo un anno due, sono andato chissà quante volte al distretto a vedere se arrivavano questi soldi e un bel giorno sono arrivati: ho preso un Mi avevano anche fatto domanda se volevo andare come spia: mi buttavano giù con un aereo qua nella mia zona, ma io ho rifiutato, non ho voluto.
Perché a un certo punto cosa succede? Come on! Manutenzione delle piste, delle buche, perché ogni tanto facevano buche e gli aerei andavano male a correre e là sono rimasto finché è finita la guerra dappertutto in poche parole. Erano quattro anni che non avevo più notizie di casa, pensavano fossi morto, perché la posta non circolava, la censuravano i fascisti, non facevano circolare niente!
Nol voea ciaparme par el col! Si era offeso! Una vita che ha riservato davvero tante sofferenze ai nostri nonni, tante che noi neppure immaginiamo, tante che la nostra missione deve essere quella di far tesoro di questi ricordi, per evitare che quelle tragedie possano ripetersi.
Vetrina Novità
Mattina scuola, pomeriggio a lavorare cestini, quel che si poteva fare, a cinque sei anni! La materia prima la dava chi portava il lavoro, i Marchi, i Beotto anche, adesso che mi penso; anche i contadini lavoravano i cestini, dopo a un certo punto hanno cominciato a fare le cassette di legno e i cestini sono caduti come lavoro, ma abbiamo tenuto su il mestiere facendo le ceste per le damigiane.
Una volta si andava nelle Grave a chi aveva la proprietà che li davano fuori tagliati, se tu li prendevi e li preparavi per fare i cesti, poi era metà a te e metà al padrone dei campi una volta che i cestari pagavano il lavoro finito. In autunno- inverno, si cominciavano i cestini per la primavera.
Comunque dopo che i cesti sono andati giù ci siamo trovati senza lavoro e allora abbiamo preso la via della Libia, come coloni, a lavorare terreno in Libia. Siamo andati giù in nave, a Cesare Battisti, i fascisti gli avevano messo questo nome qua, ma non ricordo da dove siamo partiti in Italia! In nave si stava anche bene, poi una parte è sbarcata a Tripoli, quelli che si sono fermati a lavorare là, e noi siamo andati avanti fino a Derna. Con gli altri Italiani avevamo buoni rapporti, con gli Arabi invece no, perché noi avevamo occupato le loro terre, dove avevano i pascoli e le case e allora ci odiavano, non ci volevano bene.
Avevo venti anni quando mi hanno chiamato, poco prima che cominciasse la guerra e mi hanno messo nei radio telegrafisti, mentre gli altri erano soldati di truppa. Io ero col Comando, col Sergente e radiotelegrafisti. Con lo Stato Maggiore non eravamo tanti, cinque- seicento a piedi, partiti da Tobruch, centinaia di chilometri e arrivati senza acqua morti da sete e gli apparecchi inglesi bombardavano ed era proibito sparargli perché si sprecavano munizioni e basta.
Non avevamo contraerea e rispondevamo coi fucili alle bombe degli aerei, non li prendevi neanche quando volavano bassi! Gli apparecchi venivano bassi, ma col moschetto che facevi? Con la prima battaglia che è stata gli Inglesi ci hanno preso tutti prigionieri perché non avevamo neanche ordini di sparare, e ci hanno portati tutti in Egitto e dopo pochi mesi in Sudafrica. In Inghilterra siamo arrivati dopo quaranta giorni di nave e ci hanno portati in una fattoria, in campagna si lavorava, poi a mezzogiorno uno faceva da mangiare, si mangiava e poi via a lavorare ancora, era come lavoro sotto padrone tipo.
No scherzo, è che qualche parola al giorno imparavi, io sapevo anche scriverlo, anche perché non si stava male e le donne volevano bene agli Italiani, tutti si son trovati le morose là, specialmente ai meridionali le donne inglesi andavano matte! Noi come dicevo facevamo lavoro di manodopera in campagna, sotto padrone, lavoravamo il terreno di un proprietario che ci pagava qualche cosa, ma non era lui in realtà che pagava perché i soldi per noi glieli passava il governo inglese perché noi eravamo prigionieri.
Eravamo andati in Municipio, che era obbligato a metterci al coperto, era andato mio fratello a chiedere ma ci ha detto che il posto che avevamo chiesto era dei comunisti, e a noi non spettava nulla! E qua dura la era, peggio che in guerra; non avevamo niente a Cimadolmo, eravamo senza lavoro, stavamo sparsi di qua e di là tra le case dei parenti per vivere. Io per un periodo poi sono andato a lavorare in miniera in Belgio per due anni e mezzo, ma sono tornato indietro appena è venuta fuori la legge che in Belgio, se avevi passato i 30 anni quando hai cominciato a lavorare, andavi in pensione a Quando hanno hanno tirato via tutto mi sono ritrovato a lavorare vicino al cappello di questo disgraziato qui, che era morto e hanno lasciato là il cappello schiacciato; puoi immaginarti che complimento era lavorare in miniera!
Noi Italiani poi li abbiamo rovinati i Belgi, lavoravamo a cottimo per prendere di più, facevamo turni massacranti, invece loro se la prendevano comoda perché sapevano come si finiva a lavorare in miniera e cercavano di respirare più che potevano quando erano fuori, invece sotto andavano piano per respirare poco e non sudare, perché giù faceva caldo.
Poi il Belgio, torno, ci sposiamo e andiamo ad abitare nelle Grave per quattro anni, a casa di Bepi Facchin; eravamo in sei su due stanze! Ma eravamo abituati perché dalla fine della guerra eravamo ospitati da tante famiglie diverse, come i Piaser anche, gente buona quelli delle Grave, si stava bene anche perché eravamo giovani e forti e allora era più facile, ma per dire quanto buona è stata la gente con noi, Antonietta ha pianto quando siamo andati via dalle Grave.